Storia di una uscita al capo con l’alta marea
Che se semo inventati oggi?
Di uscire a Cape Point con l’alta marea.
Ma vediamo bene perché. Conosco il Sudafrica diciamo .. benino.
E che Cape Point lavori con il fading SE ce sta.
Quindi perché non ho controllato per tempo le perversioni?
Valloasape.
In compenso so italiano, e da bravo italiano sono andato a fare colazione da 3CT, e li ci ho trovato altri italiani e serfisti come me.
“Cape Point oggi lavora, hai visto?”
“A voja!” (ma porca di quella imbarazzata come ho fatto a farmelo sfuggire?)
Torno a casa, controllo le call e vedo no slot. Daje
Già ma quanto ce vole pe Cape Point da Blouberstrand?
“Ma guarda stai sull’ora” (tempo misurato circuitando da presso una nana bianca, ndr)
Vabbe quindi nora anda nora rianda serfo un paio di ore sto a casa per la call.
Apro gmaps (nb al Capo ci sarò andato non meno di una 20ina di volte divise in varie iteriazioni) e esce fuori la triste verità, che potrei dovrei sapere bene: 1:45.
Porca paletta, corri!
Me butto, per trovarmi bloccato sulla R27 (detta anche la strada della speranza .. di non trovacce traffico visto che porta in città) 20 minuti per non aver svoltato in tempo.
Arrivo e m’ero dimenticato della marea.
Già al Capo si esce di bassa.
Ovviamente – vedi tu il culo – era bassa la mattina presto quando sono usciti tutti. Mo sono le 12:00 e stanno andando tutti via.
Vado a vedere. La situazione non è rosea. La spiaggia già non si vede più. La spiaggetta sottovento dove si ripara con l’alta non esiste più. Una distesa di scogli. Sabbia lavata via dall’oceano. Scogli relativamente tondi, ma dall’aspetto abbastanza solido. Tipo roccia insomma.
Monto in macchina per andare via.
Poi penso. Ho speso 15 euri per entrare e fatto 2 ore di macchina.
Sto al Capo. Quando me ricapita?
Retromarch e me butto.
Entrare dalla spiaggetta non è difficilissimo, se uno sa stare in equilibrio col ventone e tavola e vela in mano mentre saltella tipo stambecco marino di scoglio in scoglio. E riesce pure a capi ndo mette i piedi roccia dopo roccia senza guarda, perché in mezzo davanti e sotto di te hai la vela. Uno skill da serfista avanzato, direi.
Arrivo all’acqua più o meno illeso.
Parto e pijo subito un bel set sui denti, con la temperatura dell’acqua capesca (o capiana? sembra appena uscita dal freezer e due anni fa abbiamo fatto simpatici bordi con un pinguino).
Esco fuori vento floscio per la 4.5 e onde da alta.
Moscioni senza parete e che vanno a chiudere.
Passano 10 minuti e già penso a che me dovrò inventare per uscire dall’acqua. In queste situazioni (maui, mauritius uguale) in cui entri che non sai se ne esci intero, di fatto l’uscita non te la godi tanto. Perché già stai ad architetta che te dovrai inventa per tornare a terra sano.
Mette vento 20 forse 25 sotto raffica. Le onde, salendo la marea, aumentano. Improvvisamente mi ricordo dove sono!
E’ il cavolo di Capo di Buona Speranza, tristemente noto ai navigatori che spesso aspettavano settimane per dribblarlo in sicurezza.
Becco una serie a uscire. Sembra che la passo. Mollo la roba sul picco del tutto stallato e cado, apparentemente salvo per un pelo.
La tavola ha la grande idea di farsi prendere dall’ultimo fremito di onda, un mostro in arrivo diretto dal southern ocean, e con la suddetta onda si fa quei 150 mt verso riva, ma sarebbe meglio dire verso le rocce.
Mi risolvo all’unico vero sport che pratico con continuità da quando sono nato: il nuoto.
Nella variante già ampiamente praticata a maui con incentivo di 5k se arrivi primo. I 5k non li guadagni, ma li risparmi evitando che la roba venga sfracassata sulle rocce. Oltre ad avere un mezzo per rientrare, che non è male trattandosi dell’aperto oceano e di correnti non proprio banali.
Certo non so più quello da sotto il minuto sui 100 stile. Dopo 50 metri chiamo subito il terzo uomo e il massaggiatore della squadra per un piccolo break.
Do un’occhiata e vedo che la roba si è avvicinata tanto.
Do una occhiata dietro e vedo le sorelle dell’onda che aveva portato a spasso la roba.
L’adrenalina fa il miracolo.
Parto tipo eliscafo e recupero la roba prima dell’arrivo dell’ultima della serie che avrebbe definitivamente stampato tutto su imprecisato punto della costa.
Riprendo a serfare e nonostante la piccola avventura riesco quasi a divertirmi. Siamo in 3 e questo mi conforta.
Prima di schiantarmi io a uscire – la spiaggia a questo punto non esiste più solo rocce – vedrò che fa uno dei due.
Quindi il piano è serfare e fino a che uno dei due non rientra e poi seguirlo.
Aho, ragazze e ragazzi, in acqua vale la legge della savana. Mors tua vita mea.
Di certo non volevo aprire la sagra degli spalmati a roccia.
Ma mi vedevo un buon secondo.
Finalmente uno dei miei pariah rientra. Vedo che rimane tra acqua e rocce un buon paio di minuti. Non un buon segno.
Poi lo vedo issarsi sulle rocce e .. salvo.
Già, ma la roba?
Da fuori impossibile dire se ha fatto un toast con la tavola.
La mia è nuova e per rispetto al lavoro di Gianni mi dispiacerebbe schiantarla proprio subito.
Cosi mi serfo un’onda fino all’imbocco della baietta e poi punto a riva.
Incredibilmente i settoni di prima mi graziano e arrivo in un momento di calma. Un po’ per scelta ma tanto per culo.
Arrivo alle rocce dove si tocca, non bene, e già cammini su un fondo roccioso molto sdrucciolevole.
In qualche modo isso tutto, non prima di aver perso la vela che si riempie di acqua con una risacca per fortuna in maniera non critica: è di fatto un ottimo modo per fracassare il rig quello di riempirlo di acqua su onda di risacca.
Appena più o meno in salvo separo tavola e vela e me la cavo con qualche sgraffignata sulla tavola (siamo all’inevitabile) + i piedi scartavetrati ma nulla di che.
Al final chi me l’ha fatto fa?
Me l’ha fatto fa il fatto che ho messo un’altra ora e mezzo di oceano sotto la cintola, in un posto che amo con onde che noi in Italia manco vediamo in cartolina.
Il resto è noia.
O – al massimo – il post di un blog.
Allego le foto dell’ultimo entrato, quando eravamo usciti tutti e 3 (la prima delle 3 al finale era è donna e se non sbaglio la conosco pure..)
Questo collega in foto invece entrando l’ho sentito chiamare i suoi dei ed avi nordici più volte a voce alta quando un paio di serie l’hanno spalmato sugli scogli al centro della spiaggetta di ripiego.
Sembra senza danni, visto che poi ha serfato.
E dopo aver visto le nostro fantozzinate a uscire, ha optato per la solida e lunga via di Platboom. Cosi denominato proprio perché stai sul Plat e non sulle Rocks. Il boom è il rumore di quelli che escono dalla (ex) spiaggetta. Ora ribattezzatta roccetta.
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