La caviglia nel windsurf

Ed eccomi a voi. Quando mi è stato chiesto di iniziare una rubrica sui piccoli e grandi traumi che il nostro sport può provocare ero piuttosto scettico. Funzionerà? Portasse sfiga? Poi l’idea è iniziata a piacere anche a me. In fondo tutte le ore che ho sottratto in questi anni alla pratica di questo sport (e si vede!!) per lo studio prima e per l’attività professionale successivamente, potrebbero servire a qualcuno di voi per evitare, se possibile, o curare, nei casi più sfortunati, piccoli e grandi infortuni che possono capitare durante un’uscita. Quindi ho deciso di accettare con grande entusiasmo.
Utilizzerò un linguaggio meno complicato possibile, poco medico visto che, ripeto, lo scopo della rubrica non è far vedere quanto sono preparato, ma di farmi capire dalla maggioranza dei lettori. Quindi se tra loro c’è qualche medico, per di più ortopedico, mi scuserà!
Il primo problema che mi sono posto è stato: da dove comincio? Penso che il modo migliore per verificare se la rubrica funziona sia quello di trattare un argomento facile e purtroppo di frequente riscontro nella pratica del nostro amato sport: le distorsioni di caviglia. In realtà nel windsurf oltre alla caviglia (cioè l’articolazione compresa tra i due malleoli per intenderci) viene sollecitato molto l’avampiede (cioè approssimativamente la metà del piede che arriva fino alle dita).
I salti, le surfate, le manovre freestyle fino alla banalissima strambata mettono costantemente sotto pressione le nostre caviglie.
La caviglia o collo piede comprende un’articolazione detta tibio-peroneo-astragalica (TPA). Questa ci permette di effettuare movimenti di flesso-estensione (quando tiriamo su e giù la punta del piede) e di inversione-eversione (quando mandiamo verso l’interno o l’esterno la punta del piede). Viene stabilizzata da numerosi legamenti, differenti se parliamo di compartimento interno (la parte di articolazione che comprende il malleolo interno) o compartimento esterno (quella che comprende il malleolo esterno). All’interno infatti vi è un unico grande legamento che si chiama legamento deltoideo, fatto proprio a forma di delta, che evita che in atterraggio dai vostri salti troviate il piede girato di 180° dalla parte sbagliata. All’esterno, invece, l’articolazione è rinforzata da 3 legamenti: da davanti a dietro sono il peroneo-astragalico anteriore, il peroneo-calcaneale e il peroneo-astragalico posteriore. La loro funzione è quella di farvi eseguire bottom radicali con i piedi nelle straps senza provocarvi fastidiose distorsioni.
In realtà il principale nemico delle nostre caviglie sono proprio le straps. La loro regolazione è un momento essenziale non solo per la qualità delle nostre uscite ma anche per la nostra stessa incolumità. I waver d’oltre oceano che hanno spiccata preferenza per le surfate (Naish & company per intenderci) le tengono larghissime; chi preferisce saltare le tiene più serrate. Il consiglio come sempre per noi comuni mortali è la via di mezzo. Il piede deve entrare ed uscire comodamente nella strap, ma allo stesso tempo ne deve essere completamente circondato. La strap deve arrivare all’incirca poco dopo la metà più vicina a voi (detta metà prossimale) del dorso del piede. Attenzione se utilizzate scarpette. La gomma della scarpetta con quella della strap fa decisamente attrito, quindi regolazione molto abbondante. Sempre meglio perdere l’attrezzatura che rimanere incastrati con 1 piede nella strap magari durante un back loop. L’atterraggio potrebbe essere devastante. Abbiamo parlato di salti. Per ridurre il più possibile danni alle caviglie è consigliabile, oltre alla perfetta regolazione delle straps, prestare attenzione all’atterraggio dai salti. Lo “spiattellemento” si ripercuote in un grosso trauma in compressione della caviglia che potrebbe determinare danni alla vostra cartilagine articolare. Dovendo scegliere invece tra atterrare di punta o di coda sempre meglio di coda. Minor rischio di restare incastrati nelle straps e quindi che vi si giri il piede.
La surfata specialmente su onde degne di questo nome (quelle che andiamo a cercarci durante i nostri surf trip) può lasciare spiacevoli ricordi. Ancora una volta la regolazione delle straps può far la differenza (in questo caso meglio larghe), oltre all’accoppiamento lunghezza pinna-tavola.
Ho appena finito di leggere un bell’articolo di Renato Vitale sulle dimensioni ideali della nostra tavola wave. Conclude dicendo che se usciamo con 5.3 dobbiamo avere 5 LT in più del nostro peso, se con 4.7 5LT in meno. Verissimo. Ma la pinna? E soprattutto: il mare? Se c’è mare e vento conviene avere poca roba sotto di noi (pinna corta e tavola con poco volume), altrimenti possiamo anche fare uno strappo alla regola di Renatone! Continuo a mettere l’accento sulla pinna. Inutile che vi dica che da un punto di vista idrodinamico (vero ingegneri?) sia in planata che sull’onda avere una pinna adeguata fa la differenza. Occhio quindi alle dimensioni. Ormai su ogni pinna è scritto in range di utilizzo. Controllatelo sempre! E controllate anche la forma della pinna. Alcune sono molto larghe altre più sottili, per uscite side-off oppure on shore. Anche questo può ridurre i rischi di infortunio.
L’ultimo attentato alle nostre caviglie sono le moderne manovre di freestyle (vulcan, spock, grubbie, willy-skipper, flaka etc). Considerato che il primo e più difficile ostacolo è la vulcan, tratterò quella. Durante la rotazione noi subiamo l’influenza della forza centrifuga che tenderebbe a farci cadere verso l’esterno (tra tavola e vela). Il trucco è evitare di essere catapultati verso l’esterno restando più verticali possibile col busto e girando il nostro sguardo verso la prua della tavola durante la rotazione. Il problema nasce ora. La nostra forza centrifuga ci spingerebbe a cadere all’esterno, il nostro corpo è tutto proteso all’interno a bilanciare la forza centrifuga. Sapete dove si scaricano le due opposte forze sul nostro corpo? Bravi, sulle caviglie che vengono sottoposte a due movimenti di torsione e compressione non proprio salutari. Piccoli accorgimenti per evitare danni sono anzitutto quello di provare solo ciò che conoscete a memoria; specialmente le manovre di freestyle vanno imparate e terra, nei video o guardando gli altri fino alla noia. Dovete sapere esattamente cosa fare e cosa succede. Secondo, mai eseguire manovre “mosci”. Il tono muscolare è il miglior stabilizzatore delle articolazioni che esista. Infine può aiutare un piccolo bendaggio elastico sul collo piede. Una raccomandazione: non basta fare degli 8 attorno alla caviglia per eseguire correttamente un bendaggio. Bisogna anzitutto sapere per cosa lo si fa (evitare inversioni, eversioni etc) e avere il materiale adatto per farlo. In poche parole fatevi toccare solo da mani esperte (ortopedici o infermieri di sale gessi o PS), altrimenti l’effetto sarà inutile o addirittura dannoso.
Se poi la frittata è fatta, cioè vi siete distorti la caviglia nonostante i miei consigli, ecco un breve promemoria da seguire. Sono suggerimenti generici che vanno adattati al singolo caso a seconda della tipologia e gravità dell’infortunio. Non si devono mai sostituire al giudizio dello specialista che vi ha visitato, ma aiutano ad avere un’idea dell’iter cui andate incontro.
Per le distorsioni di caviglia, dopo che è cresciuto il fatidico “bozzo” dovete mettere ghiaccio immediatamente, per 20 minuti per 4-5 volte al giorno per i primi 3-4gg. MAI utilizzare pomate di nessun genere in acuto. Sono controproducenti. Mi raccomando solo ghiaccio. La grandezza del bozzo NON è correlata assolutamente alla gravità dell’infortunio. Dopo aver eseguito una Rx in sede di PS ed aver escluso che ci siano state piccole fratture (base del V metatarso etc) o vi fate fare un bendaggio o meglio comprate un tutore per caviglia (Air cast) che indosserete per circa 15gg. Durante la prima settimana meno state in piedi prima guarirà la vostra caviglia. Al termine dei 15gg DOVETE iniziare un ciclo di fisioterapia. Soprattutto una cosa che si chiama ginnastica propriocettiva. Serve a recuperare l’articolarità del collo piede (vi mettono in piedi su una tavoletta con una palla sotto, per riprodurre i movimenti della caviglia) e a far sì che si riduca al minimo la possibilità di recidive. Studi scientifici hanno dimostrato come il rischio di recidiva sia significativamente più alto nei pazienti che non hanno fatto fisioterapia rispetto a quelli che l’hanno eseguita correttamente. Il “doloretto” può residuare anche per più di un mese. Se però è intenso e persistente allora è utile un nuovo controllo dallo specialista.
Penso di avervi detto sommarimante tutto. Spero che vi siate annoiati il meno possibile. Ora me ne vado a surfare, che s'è fatto tardi.
A presto in acqua.
Dr. Wind
PS: per approfondimanti, complimenti, insulti o consulti: drwind@isurf.it